Giubileo dello sport: le parole del Papa
Nell'Omelia il Santo Padre cita anche il CSI
«In una società competitiva, dove sembra che solo i forti e i vincenti meritino di vivere, lo sport insegna anche a perdere, mettendo l’uomo a confronto, nell’arte della sconfitta, con una delle verità più profonde della sua condizione: la fragilità, il limite, l’imperfezione».
Abbiamo scelto queste parole di Papa Leone XIV per riassumere la sua omelia in occasione del Giubileo dello Sport che si è celebrato a Roma nella Basilica di San Pietro domenica 15 giugno. Arriviamo da un precedente pontificato, quello di Papa Francesco, che ha respirato sport come forse raramente prima. Questo inizio del “Papa tennista”, ci entusiasma e ci ritrova uniti nel pensiero e nella missione educativa dello sport. Tra i 3500 fedeli che hanno gremito piazza San Pietro, il CSI non poteva mancare, con una squadra di oltre 1500 atleti guidata dal Presidente Nazionale Vittorio Bosio nell’attraversamento della Porta Santa.
Se da sempre ci preme il piano dell’educare attraverso lo sport, ci piace che il Papa metta un focus anche sull’aspetto della generosità e dell’incontro o, come dice Leone XIV, della «ricomposizione», un termine bellissimo in questo momento storico così frammentato. «In primo luogo, in una società segnata dalla solitudine, in cui l’individualismo esasperato ha spostato il baricentro dal “noi” all’“io”, finendo per ignorare l’altro, lo sport – specialmente quando è di squadra – insegna il valore della collaborazione, del camminare insieme, di quel condividere che, come abbiamo detto, è al cuore stesso della vita di Dio (cfr Gv 16,14-15). Può così diventare uno strumento importante di ricomposizione e d’incontro: tra i popoli, nelle comunità, negli ambienti scolastici e lavorativi, nelle famiglie!»
È un’omelia che non solo ci spinge all’attenzione ma ci scopre bisognosi di nuove riflessioni a partire proprio dalle nostre radici che, con nostra sorpresa ma con grande emozione, il Papa ha ricordato citando San Paolo VI e il suo discorso al CSI nel 1965. In quell’occasione l’allora Pontefice parlò dello sport come strumento che contribuì a riportare la Pace e la speranza in una società sconvolta dalle guerre. Mai pensiero è più attuale.
Ma l’intuizione di cui abbiamo bisogno, viene da un’altra sottolineatura che il neoeletto Papa ci pone e che ci piace davvero tenere tra le cose che contano: «Pensiamo a un’espressione che, nella lingua italiana, si usa comunemente per incitare gli atleti durante le gare: gli spettatori gridano: “Dai!”. Forse non ci facciamo caso – afferma il Santo Padre – ma è un imperativo bellissimo: è l’imperativo del verbo “dare”. E questo può farci riflettere: non si tratta solo di dare una prestazione fisica, magari straordinaria, ma di dare sé stessi, di “giocarsi”. Si tratta di darsi per gli altri – per la propria crescita, per i sostenitori, per i propri cari, per gli allenatori, per i collaboratori, per il pubblico, anche per gli avversari – e, se si è veramente sportivi, questo vale al di là del risultato».
Il tema del Giubileo 2025 è proprio la Speranza, e con queste parole dell’Omelia del 15 giugno, torniamo nei nostri territori portandone a casa una quantità necessaria per continuare a fare del nostro meglio per trasformare lo sport in agente di cambiamento positivo, educativo e di Pace per le nostre comunità.







